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I PARENTI LONTANI 1


di ALIO
02.08.2015    |    33.177    |    7 9.8
"Tornai anch’io dal bagno con solo gli slip, non potevo competere con il pacco di mio cugino ma sfoggiavo con orgoglio il mio fisico da atleta..."
- Niente capricci Matteo! - Così sentenziò mio padre al mio tentativo di eludere l’invito che zio Beniamino mi aveva fatto: trascorrere le vacanze Pasquali in Sicilia con tutti quei parenti che non vedevo da una decina d’anni. Hai 16 anni, ribadì mio padre, ormai sei un ometto ed è ora che tu cominci a comportarti da responsabile. Nonno è avanti con l’età, ha manifestato il desiderio di rivederti , anche lo zio Beniamino ed i tuoi cugini saranno ben felici di riabbracciarti.
Già il nonno Peppe, genitore di papà, non ha mai nascosto un debole per me; l’ultima volta che l’ho incontrato era stato circa tre anni or sono quando venne a trovarci a Milano dove sono nato e dove vivono i miei da quando sono emigrati, circa 20 anni fa dalla Sicilia. Il nonno si era presentato con una marea di regali quasi tutti per me e, ogni occasione era buona per manifestarmi il suo affetto, tante carezze, abbracci e una infinità di baci. Mi voleva bene davvero ed ha continuato a dimostrarmelo da lontano anche in questi tre anni che non abbiamo avuto occasione di incontrarci; non mi ha mai fatto mancare bigliettini di auguri in occasione di festività, compleanni, promozioni ecc. E con i bigliettini arrivavano anche generose mance che ovviamente ho sempre gradito.
Capii che stavolta non l’avrei spuntata, anche mamma cercava di convincermi che quel viaggio ad Agrigento, paese dei miei parenti, sarebbe stata per me una grande lezione di vita, una avventura che mi avrebbe aiutato a crescere.
Fu così che mi ritrovai da solo su un aereo che da Milano mi condusse sino a Catania dove ad attendermi c’era zio Beniamino e suo figlio, il cugino Angelo reduce dal servizio di leva che aveva concluso da qualche settimana. Sin dal primo istante dimostrarono entusiasmo e felicità per la mia presenza in Sicilia, un susseguirsi di abbracci e baci che ritenni eccessivi e che finirono per crearmi un certo imbarazzo. In macchina, il viaggio per Agrigento sarebbe durato più di 2 ore, mi riempirono di domande e di facili complimenti. Dissero entrambi che mi ero fatto davvero un bel ragazzo e che il fisico da ometto che mi ritrovavo, alto quasi 1,80 cm. con quei muscoli che avevo sviluppato con le tante attività sportive e tanto nuoto, tradiva i miei 16 anni.
Bla, bla bla… poi finalmente Angelo accese la radio ed invitò suo padre a darmi un po’ di tregua e lasciarmi riposare, dovevo essere stanco per il viaggio. Dal sedile posteriore potei osservare quei due parenti, quasi sconosciuti. Angelo era diventato un uomo, non molto alto, un fisico tozzo con spalle enormi che denunciavano i tanti anni di lavoro nei campi. Una chioma riccia e nera faceva da contorno al suo viso abbronzato, le sopracciglia nere e folte contornavano due occhioni vivaci e tutto sommato piacevoli anzi direi belli. Ma il suo punto forte era sicuramente la mascella quadrata sotto una bocca decisamente grande e labbra spesse, ben disegnate che facevano da cornice ad un sorriso sornione che evidenziava la perfetta dentatura bianca. Conclusi che Angelo era il ritratto del tipico ragazzo del sud; un gran bel ragazzo del sud.
I miei pensieri furono interrotti dalla sosta in autogrill, lo zio aveva un bisogno impellente, diede ad Angelo il compito di ordinare da bere, si recò in bagno e mi consigliò di approfittarne poiché il prossimo grill era distante. Lo seguii, mi posizonai davanti ad uno dei pisciatoi a muro e lo zio, dopo aver verificato che i due cessi erano occupati, optò per la postazione a muro a fianco alla mia. Anche in questa occasione non smise di blaterare ma io, un po’ imbarazzato per la vicinanza, ero impegnato a concentrarmi per riuscire a pisciare; lo zio accortosi della mia difficoltà smise di parlare e diede una lunga scrollata conclusiva al suo uccello. Non potei fare a meno di notarlo, era scuro ma soprattutto esageratamente grosso, lo zio lo scappellò più volte evidenziando una cappella gigantesca e violacea. Si accorse dei miei furtivi sguardi, mi lanciò un sorriso e dopo aver riposto l’uccello nella patta, mi diede una affettuosa pacca sul sedere e mi invitò a sbrigarmi allontanandosi. Seppur da solo non riuscii a pisciare, il mio uccello si era curiosamente indurito e turbato ci rinunciai.
Riprendemmo il viaggio, Angelo mi offrì il posto avanti. In questa nuova postazione non potei fare a meno di notare una sorta di tic dello zio Beniamino: continuava a massaggiarsi il pacco che, forse erano solo mie fantasie, mi sembrava avesse preso una notevole consistenza. Siamo arrivati ad Agrigento verso sera. Ad aspettarci oltre al nonno Peppe che non smetteva di abbracciarmi ed adularmi c’era il piccolo Luigi, secondogenito dello zio Beniamino. Luigi aveva già compito 14 anni, era anche lui tornato a casa per le vacanze di Pasqua, studia in un collegio vicino a Catania da circa 4 anni e più precisamente dalla morte della madre.
Solo ora mi resi conto che era una famiglia tutta al maschile, ma ciò non pregiudicava l’accoglienza della casa che mi avrebbe ospitato: pulita ed ordinata come se tenuta da una donna. Scoprii presto che ciascuno dei quattro uomini aveva un ruolo ben definito in casa. Il nonno cucinava e faceva il bucato, lo zio ed i figli avevano il compito di tenere pulito ciascuno la propria camera. La cena fu squisita, potei assaggiare la famosa pasta con le sarde… la parmigiana ed altre squisite pietanze fatte in mio onore. Tra una chiacchiera e buon vino (tanto) era arrivata l’ora di andare a nanna.
Luigi sarebbe andato a dormire con suo padre e mi avrebbe ceduto il suo letto nella camera che divideva con Angelo, l’alternativa era dormire io con lo zio oppure in camera con il nonno, famoso per il suo russare. Io ed Angelo salimmo al piano di sopra dove si trovava la camera che mi avrebbe ospitato. A fianco un dignitoso bagno e, un po’ più distante in fondo al corridoio la camera dello zio Beniamino che avrebbe condiviso in questi giorni con il piccolo Luigi.
Dopo aver sistemato i bagagli provai il lettone che mi era stato offerto, decisamente grande e confortevole, gemello al lettone a fianco di Angelo. Il cuginone tornato dal bagno indossava solo un boxer bianco aderente che nulla lasciava alla immaginazione di chi poteva osservarlo. Ed io lo osservai attentamente Angelo era davvero un torello: due cosce grosse e pelose sotto un culo alto e sodo. Anche il petto ed il ventre denunciavano una densa peluria nera che scendeva prepotentemente dentro il boxer che modellava un pacco particolarmente pieno. Tornai anch’io dal bagno con solo gli slip, non potevo competere con il pacco di mio cugino ma sfoggiavo con orgoglio il mio fisico da atleta. Angelo mi squadrò dalla testa ai piedi, si complimentò con me e si sdraiò sul letto sopra le lenzuola, dandosi con noncuranza una sistematica al pacco che in quella posizione mi era sembrato ancora più consistente. Due chiacchiere ancora poi spense la luce e mi diede la buona notte.
Lo sentii ben presto respirare come chi stava dormendo; io invece non riuscivo a prender sonno pensai al posto dove mi trovavo e a queste persone davvero gentili e affabili ma per me quasi degli estranei. Mi tornò in mente la pisciata in autogrill, rividi nella mia mente il grosso uccello di zio Beniamino e rimasi turbato ancora una volta: con questi pensieri si era indurito il mio uccello. Ma che mi sta succedendo? Mi impegnai per prender sonno..
La camera è immersa nel buio più assoluto, nel mio dormiveglia ho come la sensazione che qualcuno sia li a fissarmi, sono girato verso il muro, apro gli occhi ma non oso girarmi per vedere se era solo una sensazione. No! Non lo era… Sento delle dita scivolarmi delicatamente lungo la schiena, rimango paralizzato sarà Angelo dico fra me e me. Decido di far finta di dormire, la mano ora si fa più audace, le carezze sono più decise e va oltre la schiena, scivola in basso palpa la mia chiappa sinistra, poi la destra, risale e si insinua sotto il braccio sino al mio capezzolo. Sono impietrito ma non dalla paura, bensì da una curiosa eccitazione che va giù sino al mio uccello che ormai ha raggiunto il massimo turgore. Richiudo gli occhi e, sempre facendo finta di dormire mi giro quanto basta per offrirmi in posizione supina. Il mio movimento scoraggia l’intraprendente mano solo per qualche secondo, poi riprende accompagnata anche dall’altra mano. Insieme scivolano sul mio petto, si soffermano sui capezzoli, poi giù, giù sino al mio inguine, come a voler misurare il contenuto del mio pacco. Io mi lascio andare in un sottile lamento di piacere. E’ a questo punto che le due mani abbassano con decisione il mio slip, accarezzano con maestria il mio turgido cazzo scapellandolo delicatamente. Ancora un attimo e subito dopo il mio uccello rimane intrappolato in una umida e calda bocca. La lingua ripercorre tutta la lunghezza del mio membro, poi la bocca riprende a succhiare in un ritmo sempre più veloce. Io mi sentivo in una dimensione sinora sconosciuta, ero in uno stato difficile da controllare e quella bocca andava su e giù, sempre più velocemente. Non resistetti per molto, ancora due decise slinguazzate ed io eruttai tutta la mia sborra in quella inaspettata bocca che bevve sino all’ultima goccia. Il mio estimatore si alzò dal mio ventre, mi accarezzò delicatamente in viso e scomparve misteriosamente. Sentii aprirsi e subito dopo richiudersi la porta della camera. Ma chi era il mio misterioso spompinatore?
Dovevo scoprirlo avevo ricevuto il mio primo pompino e mi era piaciuto terribilmente…
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